Convegno A.I.C.D.A. - Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Bari, 7-8 aprile 2022
Sintesi delle relazioni
Irene Canfora e Vito Leccese
La sostenibilità sociale nella nuova PAC
La PAC 2023 – 27 si trova ad affrontare le sfide della sostenibilità in una fase particolarmente critica, a causa delle emergenze inaspettate degli ultimi due anni. In questo quadro, gli aspetti sociali della sostenibilità diventano ancora più significativi, anche rispetto al già complesso adeguamento agli obiettivi del Green deal, di Agenda 2030 e del PNRR.
I nuovi regolamenti PAC si trovano a confrontarsi con gli aspetti relativi al “fattore umano” e agli strumenti giuridici ed economici per rendere effettiva la sostenibilità sociale delle politiche agricole, anche attraverso l’individuazione di nuovi bisogni propri del tessuto rurale in Europa.
Le misure introdotte dai regolamenti PAC del dicembre 2021 garantiscono la sostenibilità dei redditi dei produttori e si occupano – in una prospettiva dinamica dell’attuazione “sostenibile” della competitività nella filiera agroalimentare – di ricercare una corretta distribuzione del valore a tutela delle imprese agricole. Essi riservano, inoltre, anche un’attenzione specifica ai profili che riguardano i lavoratori nelle imprese agricole, attraverso l’introduzione della condizionalità sociale.
Luigi Russo
Le "nuove" misure agroambientali della PAC 2023-27: quali novità?
Il lavoro prende in esame la nuova architettura “verde” della disciplina della PAC destinata ad operare nel periodo 2023 – 2027 allo scopo di verificare se la nuova normativa sia effettivamente corrispondente alle dichiarazioni provenienti dalle istituzioni dell’UE secondo cui la politica agricola comune è sempre più rivolta ad obiettivi di sostenibilità ambientale, anche alla luce del Green Deal.
Alla tripartizione degli strumenti di cui alla PAC 2014-2020 (condizionalità, greening e misure agro-climatico-ambientali) si sostituisce una nuova tripartizione (condizionalità c.d. rafforzata – ecoschemi, misure ambientali del 2° pilastro).
Lo sforzo del legislatore europeo è stato quello di meglio coordinarli (in ciò agevolato dal fatto che sono ora tutti disciplinati da un unico regolamento, quale il reg. UE 2021/2115) onde evitare sovrapposizioni e che a fronte di uguali pratiche il beneficiario possa percepire aiuti distinti e di far sì che possa essere “misurato” il loro concreto impatto sugli obiettivi dichiarati.
Al di là dell’analisi della normativa, occorrerà in ogni caso verificare come si svilupperanno in concreto i rapporti tra UE e Stati membri, alla luce dell’ampio ricorso al principio di sussidiarietà e dei più ampi margini di manovra che la nuova disciplina lascia agli Stati membri.
Resta il fatto che le due ambiziose strategie elaborate dalla Commissione, l’una dedicata alla tutela della biodiversità per il 2030 e l’altra sul ripensamento dell’intera filiera “from farm to fork”, di cui alle Comunicazioni della Commissione al PE e al Consiglio del 20 maggio 2020 (COM (2020) 380 e 381) sono ancora inattuate e necessitante della necessaria implementazione giuridica.
Strategie che rischiano, peraltro, una brusca sospensione alla luce delle perturbazioni sui mercati agricoli (e non solo) conseguenti alla guerra in Ucraina, che hanno indotto le Istituzioni europee e sospendere per il corrente anno alcune delle misure ambientali attualmente vigenti per consentire, tra l’altro, un aumento della produzione agricola europea utilizzando superfici che avrebbero, invece, dovuto restare a riposo, e per ampliare le maglie degli aiuti di Stato
Daniel Gadbin
Quel cadre juridique pour les plans stratégiques relevant de la PAC? l’exemple français
Les projets de plans stratégiques relevant de la PAC, issus de la réforme 2023-2027, ont été à peu près tous notifiés à la Commission. La plupart avant le déclenchement de la guerre en Ukraine. Ils vont pouvoir être revus et corrigés, vu l’impact de cette guerre sur le secteur agro-alimentaire. Mais le débat fait rage entre ceux qui veulent privilégier maintenant l’augmentation de la production agricole et ceux qui veulent continuer à privilégier la mise en œuvre du Pacte vert. La controverse existait avant la guerre d’Ukraine jusqu’au sein de la Commission, mais cette guerre l’a considérablement amplifiée.
L’objet de cette communication est de savoir dans quelle mesure le Pacte vert peut s’imposer dans la négociation en cours sur les plans stratégiques entre la Commission et les Etats membres. L’enjeu est important car le Pacte vert est un rempart contre une éventuelle renationalisation de la PAC. La réforme 2023-2027 de la PAC ouvre en effet un boulevard aux Etats membres en leur offrant la possibilité, dans le cadre d’une programmation nationale unique, de coordonner leurs dépenses au titre du FEADER et du FEAGA pour les paiements directs. La plus value européenne dépendra des résultats des plans stratégiques, appréciés par la Commission à la lumière notamment du Pacte vert.
Petit rappel: les propositions de réforme de la Commission Junker annonçaient que l’intégration dans la PAC de la protection de l’environnement et de l’action en faveur du climat devait « être considérée comme une obligation de résultat ». La Commission Von der Leyen a fait de la protection de l’environnement et de l’action climatique le fer de lance de son mandat à travers le Pacte vert et ses deux stratégies, « de la ferme à la table » et « biodiversité » assortis d’objectifs chiffrés : réduire d’ici 2030 les émissions de GES de 55%, l’utilisation des pesticides de 50%, les ventes globales d’antimicrobiens de 50%, le recours aux engrais de 20% grâce à la réduction de 50% des pertes de nutriments; atteindre en 2030 25% de la SAU en agriculture biologique et « en urgence » 10% de la SAU en particularités topographiques.
Mais remarque essentielle : ni le Pacte vert ni les stratégies « de la ferme à la table » et « biodiversité » ne sont des documents dotés en eux-mêmes d’une force juridique obligatoire et les propositions de réforme de la PAC n’ont pas été modifiées en conséquence. Pire ! Dans le règlement 2021/2115 concernant les plans stratégiques, l’intégration dans la PAC de la protection de l’environnement et de l’action en faveur du climat a disparu en tant qu’obligation de résultat et a été remplacée par l’obligation de déployer « d’avantage d’ambition » environnementale et climatique et de « tenir compte de la législation pertinente de l’Union » en la matière. Il est ainsi clair que le Pacte vert est tenu à distance des plans stratégiques relevant de la PAC (1). D’où une seconde question : Quel impact les stratégies issues du Pacte vert peuvent-elles avoir sur les plans stratégiques relevant de la PAC(cas français) (2)
1) Le Pacte vert tenu à distance des plans stratégiques
a) Au niveau de l’élaboration des plans, de simples recommandations de la Commission
b) Au niveau de l’approbation des plans, l’impact lointain des objectifs environnementaux et climatiques
c) Au niveau du contrôle de performance des plans, un contrôle restreint de la Commission
2) Quel impact les stratégies issues du Pacte vert peuvent-elles avoir sur les plans stratégiques: le cas français
a) Le risque d’une contribution limitée du projet français aux objectifs du Pacte vert en agriculture
b) La Commission face à l’obstacle
Pamela Lattanzi
Le dimensioni aziendali nelle scelte della nuova PAC: le piccole imprese agricole
Il tema delle dimensioni delle aziende agricole beneficiarie del sostegno erogato attraverso la PAC si pone al crocevia di aspetti divenuti cruciali nella prospettiva di una crescita sostenibile dell’agricoltura, quali quelli di un’equa distribuzione del sostegno al reddito degli agricoltori e della salvaguardia dei piccoli agricoltori.
Il reg. 2021/2115 espressamente prende in considerazione entrambi gli aspetti, riconoscendo la necessità di una distribuzione più equilibrata del sostegno e di una maggiore attenzione alle piccole aziende agricole definite una colonna portante dell’agricoltura dell’Unione, in quanto svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere l’occupazione rurale e contribuiscono allo sviluppo territoriale .
Muovendo da tali premesse, la relazione intende analizzare quali sono gli strumenti e le opportunità che la nuova Pac mette a disposizione degli Stati membri per soddisfare la suddetta necessità e quali sono le scelte operate dall’Italia nella proposta di Piano nazionale strategico.
Eloisa Cristiani e Maria Grazia Alabrese
Clima e obblighi internazionali nell’attuazione della PAC
Il contributo parte da alcuni riferimenti contenuti nelle “Raccomandazioni” per la redazione dei piani strategici nazionali e nella Relazione della Corte dei Conti del 2021 che mostrano una centralità delle preoccupazioni climatiche ma una inefficacia concreta delle misure esistenti, suggerendo la strada da seguire per raggiungere gli ambiziosi traguardi che l’Ue si è posta in termini di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Si analizzano quindi le previsioni di intervento in alcuni settori chiave che mettono in risalto le molte ombre e le poche luci che emergono da un primo esame del Piano strategico nazionale.
La relazione si occupa poi di inquadrare le misure climatiche del PSN nell’ambito del regime giuridico internazionale sui cambiamenti climatici. Nel fare ciò, prende in esame il modo in cui l’agricoltura è trattata in questo quadro, per poi soffermare l’attenzione sulle caratteristiche della governance climatica internazionale, sui contenuti degli impegni presi dagli Stati parti dell’Accordo di Parigi e sul loro valore giuridico.
Eleonora Sisrsi
Verso un “rafforzamento della sicurezza alimentare a lungo termine”? opportunità e limiti nella nuova PAC
L’Obiettivo generale indicato dal reg.2115/2021 della promozione di un settore agricolo intelligente, competitivo, resiliente e diversificato che garantisca la “sicurezza alimentare a lungo termine” è messo alla prova dal succedersi di crisi esterne al sistema agricolo e di dimensioni globali : la crisi climatica, l’epidemia da Covid19 , l’instabilità geopolitica legata al conflitto in Ucraina. Mentre si susseguono interventi normativi e documenti di indirizzo volti ad assicurare che venga data risposta ai bisogni alimentari in alcune zone del mondo, che venga garantita la stabilità del sistema produttivo agricolo alimentare europeo e siano sostenuti i produttori, le riflessioni si indirizzano sulle sorti della strategia “Dal produttore al consumatore” alla quale la PAC è legata nei suoi sviluppi in particolare quanto alle ambizioni ambientali e si accende il confronto con le nuove istanze del produttivismo al quale affidare l’unica possibile risposta al pericolo imminente dell’insicurezza alimentare. In un dibattito che a tratti sembra poter rimettere in discussione assunti che apparivano consolidati, il richiamo al “lungo termine” e le prospettive dell’innovazione consentono di soffermarsi su alcuni percorsi normativi dai quali potrebbero emergere possibili risposte all’imperativo della produzione sostenibile di alimenti.
Vito Rubino
Primum vivere, deinde philosophari? Le produzioni biologiche fra nuova PAC, esigenze della sostenibilità e sovranità alimentare.
L’intervento programmato intende rapidamente esaminare il ruolo svolto dalle produzioni biologiche nella nuova PAC e, più in generale, nei documenti che hanno declinato nel settore agricolo gli obiettivi del Green Deal, per valutare se, alla luce delle recenti crisi (sanitaria, geopolitica etc.), occorra un ripensamento nel merito degli obiettivi fissati o se, al contrario, il biologico possa ancora rappresentare un asse fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura europea del prossimo futuro.
L’intervento si svilupperà secondo questo schema:
1°) verranno rapidamente passate in rassegna le principali fonti di soft e hard law degli ultimi 3 anni che intendono imprimere all’agricoltura UE una notevole spinta evolutiva in chiave “bio”, nonché la loro ricaduta interna (con particolare riferimento al Piano Strategico Nazionale della PAC e alla legge del 9 marzo 2022 n. 23 sullo sviluppo, tutela e competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico). Verrà, così, sottolineata la coerenza delle scelte della PAC e delle azioni e normative nazionali nello specifico settore con gli obiettivi della strategia “From farm to fork”, la strategia europea per la salvaguardia della biodiversità e quella sull’agricoltura biologica, richiamando alcuni dati tendenziali in merito alla crescita delle superfici coltivate con metodo bio e al traguardo del 25% posto dalle fonti richiamate.
2°) In base ad alcuni recenti studi si evidenzieranno le possibili ricadute pratiche di questa scelta, fra le quali il rischio di una diminuzione della produttività dal 15 al 20% e di un aumento del costo della materia prima compensati, tuttavia, da un potenziale miglio sfruttamento delle aree prive di vocazione agricola estensiva, l’integrazione con il turismo, un aumento del reddito degli agricoltori e una maggiore stabilizzazione dei rapporti di filiera. Verrà, peraltro, notata l’assenza di analisi di impatto a livello europeo e la sostanziale aderenza della strategia a ragioni politiche di più ampia portata.
3°) Verrà, quindi, introdotto il tema degli effetti della guerra in Ucraina sulle catene di approvvigionamento e l’attuale assenza di una effettiva sovranità alimentare dell’Ue, dovuta alle logiche della globalizzazione (delocalizzazione produttiva, iperspecializzazione di alcuni paesi nella produzione di determinate commodities e assunzione di posizioni di quasi-monopolio sul mercato etc.). Attraverso alcuni dati e analisi di scenario recenti verrà illustrata la dipendenza strutturale dell’Ue dai paesi terzi per l’approvvigionamento delle commodities agricole e le conseguenti reazioni alla situazione attuale:
- richiesta da parte di diversi stati membri (in primis Italia e Francia) di rinviare l’applicazione della PAC di 1 o 2 anni;
- richiesta da parte di numerosi stakeholders di rivedere nel merito le scelte effettuate con la PAC,
cui, peraltro, la Commissione ha già risposto negativamente.
4°) A mo’ di sintetiche conclusioni l’intervento mirerà a fornire alcune valutazioni provvisorie sull’utilità della strategia UE sul biologico nel frangente storico che stiamo vivendo (crisi della globalizzazione e avvio di una possibile fase di decoupling) evidenziando i “pro” del rafforzamento delle filiere bio (maggiore stabilità nelle relazioni contrattuali, maggiore pianificazione dell’approvvigionamento, aumento del valore del prodotto agricolo, diminuzione della dipendenza estera da fertilizzanti, fitofarmaci etc., oltre, naturalmente, ai benefici ambientali). Verranno, inoltre, evidenziati anche i “contro” di un eccesso di spinta verso il bio, essenzialmente derivanti da una certa commistione fra le esigenze di sostenibilità ambientale (raggiungibili anche altrimenti, con modalità colturali che non richiedano certificazioni formali, o, più semplicemente, con intervento normativo più deciso nella direzione del contenimento delle sostanze nocive per l’ambiente e le pratiche inadeguate alla salvaguardia della biodiversità) e l’imposizione per questi fini del modello biologico, basato su controlli e certificazioni di parte terza che incorporano nel prodotto un elevato tasso di servizi (e i relativi costi). Quest’ultimo appare inscindibilmente legato a una scelta di aumento della remuneratività delle produzioni primarie che si coniuga con la scelta volontaria da parte di una fascia di consumatori più “abbienti” che intendano volontariamente investire su questo tipo di alimenti, circostanza che esclude che il biologico possa diventare nel breve termine una base adeguata per una produzione agricola davvero autosufficiente.
Lo spazio di revisione dei Piani Strategici Nazionali, che si aprirà dopo l’invio delle raccomandazioni della Commissione, potrebbe consentire qualche aggiustamento nella direzione indicata, che si basi su di una seria analisi dei dati. In particolare appare decisivo interrogarsi se l’obiettivo “minimo” del 25% debba essere rivisto come “massimo” (id est non incentivare “troppo” la conversione delle aziende agricole, che devono effettuare scelte strutturali di lungo periodo); lavorare sulla diversificazione delle produzioni per aumentare la resilienza; superare le riserve nazionali nei confronti dei diversi accordi internazionali con i Paesi terzi (vedansi le trattative per la conclusione dell’accordo con i paesi MERCOSUR, l’incaglio del CETA etc.) per avere una pianificazione strategica di lungo termine, approfittando della fine del regime di equivalenza dei sistemi bio dei paesi terzi disposto dal Reg. 848/2018 per negoziare subito un aumento del tasso di sostenibilità dell’agricoltura nei Paesi terzi e assicurare al contempo una maggiore sovranità alimentare della Ue.
Francesco Emanuele Celentano
L’impatto internazionale delle politiche dell’Unione europea in materia di benessere animale tra sostenibilità e politiche commerciali
L’allevamento degli animali rientra, a norma dell’art. 38 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tra le attività agricole e il loro benessere deve “essere tenuto in conto” nell’adozione delle politiche unionali, come statuito all’art. 13 del medesimo Trattato. In questa direzione, il 20 maggio 2020, la Commissione europea ha pubblicato la strategia From farm to fork con l’obiettivo principale di definire le future politiche in materia di produzione alimentare e, tra gli altri, di “migliorare il benessere degli animali”. Il documento segnala che tale miglioramento passa dall’ottimizzazione delle condizioni in allevamento, dal contrasto all’uso eccessivo di antibiotici e da una rivisitazione delle modalità di produzione dei mangimi.
La strategia e, nel loro insieme, le politiche di animal welfare rientrano nel più ampio quadro della Politica agricola comune che, per il settennato 2023 – 2027, ha tra i propri obiettivi anche una maggiore attenzione alla biodiversità nel suo complesso.
Ciò premesso, l’intervento, dopo una breve panoramica del quadro regolamentare dell’UE in materia di benessere animale, concentrerà l’attenzione sull’impatto di tale complesso di norme sul piano internazionale. L’Unione, infatti, per il tramite delle proprie politiche commerciali che includono, sempre più spesso, anche il benessere animale tra le condizionalità richieste a Paesi terzi per accedere al mercato unico, ha la possibilità di orientare l’agricoltura (e l’allevamento) verso la necessaria sostenibilità promossa anche in sede di Nazioni Unite mediante l’Agenda 2030 adottata nel 2015.
Laura Costantino
Agricoltura e sostenibilità: una rinnovata visione della dimensione locale
Le più recenti sfide con le quali si misurano oggi le politiche pubbliche hanno origine da fenomeni di dimensione globale: i cambiamenti climatici, la crisi pandemica ed il recentissimo conflitto bellico producono effetti sulle economie di tutto il mondo. Allo stesso tempo, le soluzioni da attuare per rispondere alla suddette sfide e raggiungere gli ambiziosi obiettivi delineati nella nuova PAC e nelle strategie relative, tra le altre, alla tutela dei suoli, alla maggiore resilienza delle aree rurali, alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla tutela della biodiversità, alla strutturazione di sistemi alimentari sostenibili, hanno una dimensione locale che parte dalle esigenze dei territori.
Le filiere lunghe e i sistemi produttivi intensivi presentano diverse criticità, legate, tra le altre, all’affievolimento del legame tra produzione agro-alimentare e territori; le politiche pubbliche sono chiamate, dunque, a favorire una maggiore diversificazione delle filiere produttive che passi attraverso lo sviluppo delle filiere corte, a rafforzare la protezione delle varietà locali, ad attuare una strategia di pianificazione territoriale e di sviluppo socio-economico delle aree rurali, in un’ottica di rinnovata valorizzazione della dimensione locale.
Le misure proposte nel Piano strategico nazionale e nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, richiedono di verificare l’adeguatezza degli strumenti giuridici individuati per perseguire gli obiettivi di sostenibilità, nell’ottica della valorizzazione dei sistemi produttivi locali.
Stefano Masini
I piani strategici in Italia. Il ruolo del MIPAAF e delle regioni
Il testo della riforma della Pac per il periodo 2023-2027 introduce alcune importanti novità, tra le quali si evidenzia un nuovo modello di attuazione assolto da una pianificazione strategica condotta a livello dello Stato Membro. Il Piano Strategico Nazionale (Psn), come strumento di programmazione nazionale, presenta due caratteristiche essenziali da considerare rispetto al passato: a) unifica in un unico documento di programmazione e gestione tutte le politiche agricole di un paese, vale a dire i pagamenti diretti, gli interventi settoriali delle Organizzazioni Comuni di Mercato (Ocm), le misure nell’ambito dello sviluppo rurale e, infine, i regimi di sostegno nazionale; b) riporta sostanzialmente al centro la regia della programmazione e della gestione delle politiche, imponendo l’amministrazione nazionale come unico interlocutore della Commissione europea nel negoziato che segue alla proposta del Psn.
Nel nostro Paese, questa modifica istituzionale ha prodotto un duplice effetto di rottura rispetto alle dinamiche precedenti:
1. viene posto fortemente in discussione l’assetto di ripartizione dei compiti tra Stato e Regioni, dove agricoltura e sviluppo rurale, per loro natura, richiedono un forte ancoraggio regionale e sub-regionale, investendo anche la dimensione locale per le forti specificità che il contesto agricolo presenta e per il forte legame con il territorio;
2. viene messa a dura prova la capacità dell’amministrazione nazionale e, nello specifico, del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di coordinare in un unico documento tutte le politiche e finalizzarle ad obiettivi comuni.
Di fronte al quadro così accennato, per la predisposizione della strategia occorre, dunque, interrogarsi sui margini dell’eventuale competenza delle Regioni a modificare o integrare le priorità e sulla procedura di coinvolgimento, tenuto conto, propriamente, che l’amministrazione centrale sia stata nel frattempo investita del ruolo di unica autorità di gestione e debba qualificarsi come esclusivo punto di contatto della Commissione europea.
Sebbene l’occasione della pianificazione giustifichi di per sé un certo livello di riaccentramento del processo decisionale, ciò non sembra elemento sufficiente per neutralizzare la partecipazione delle Regione in base alle esigenze di differenziazione e di adeguatezza a colorare con diversa intensità le priorità dei territori e delle filiere.
D’altra parte, sembra che la dialettica centro-periferia abbia perso nel tempo lo spirito cooperativo che la caratterizzava in precedenza e si dispieghi secondo linee di sviluppo intese in senso prevalentemente burocratico. La percezione che si trae dall’esperienza della compilazione della strategia riflette l’esito di una limitata partecipazione al processo decisionale delle Regioni. Il tema relativo alla finale consistenza della dimensione politica regionale finisce, così, per dipendere, piuttosto che da spinte accentratrici europee o dall’astratta configurazione costituzionale data dal riparto delle competenze, dall’aver trascurato le occasioni di sviluppo di congegni effettivi di coinvolgimento.
Ad ogni modo, la riflessione non può esaurirsi in una valutazione dell’impatto del grado di decentramento: i recenti tragici avvenimenti, dalla crisi pandemica all’attuale situazione di conflitto, aggiungono elementi di incertezza, non prevedibili che influenzano la capacità di prendere decisioni.
Rocco Roma
Il nuovo sistema dei pagamenti diretti ed i riflessi sull'agricoltura in Italia
La struttura del nuovo PSN per il 2023-27 mostra in maniera netta una direzione “ambientale” della nuova PAC che, per certi versi va quasi ridimensionandone il ruolo di politica settoriale. Una possibile valutazione degli effetti della riforma è ancora prematura poiché è ancora in una fase propositiva ed è ancora aperto il dibattito e la visione degli stakeholders; ma, proprio in funzione di ciò, è sembrato opportuno provare ad analizzare il complesso di interventi proposti nel PSN concentrandosi sui pagamenti legati al primo pilastro, evidenziandone le caratteristiche innovative, e sull’intero impianto della proposta, specie per quel che riguarda le innovazioni in termini di convergenza sociale e di governance locale attraverso il New delivery model.
Nicola Lucifero
I regimi ecologici volontari e la loro attuazione a livello nazionale
Nel contesto della nuova architettura verde della PAC per il periodo 2021-2027 vengono previsti i regimi ecologici a favore del clima, l’ambiente e il benessere degli animali di cui all’art. 31 del reg. (UE) 2021/2115 del 2 dicembre 2021. I c.d. “eco schemi”, che sostituiscono il greening, costituiscono una componente importante del sistema dei pagamenti diretti disaccoppiati e sono finalizzati ad incentivare gli agricoltori che si impegnano a perseguire nelle proprie aziende pratiche benefiche per il clima e l’ambiente che vadano oltre gli impegni della condizionalità.
I regimi ecologici hanno carattere di obbligatorietà per lo Stato membro essendo chiamati a definire nel contesto del Piano strategico l’elenco delle pratiche in modo da soddisfare uno o più degli obiettivi specifici previsti dall’art. 6 del regolamento. L’adesione ai regimi ecologici da parte degli agricoltori è invece volontaria e consiste nell’adozione sugli ettari ammissibili di pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente come definite, appunto, dagli Stati membri che vanno al di là dei pertinenti criteri di gestione obbligatoria e delle buone condizioni agronomiche e ambientali, nonché dei requisiti minimi relativi all’uso di fertilizzanti o prodotti fitosanitari e al benessere degli animali e alle condizioni stabilite per il mantenimento della superficie agricola.
Il tema degli eco-schemi rappresenta un elemento di novità nel quadro della nuova PAC e presenta diversi profili di interesse sul piano (i) delle scelte degli Stati membri, chiamati a presentare alla Commissione il proprio Piano strategico nazionale secondo la procedura dettata dall’art. 118 del reg. (UE) 2021/2115 e rispettando i contenuti del piano stesso come previsto dall’art. 107 (che l’Italia ha trasmesso nel dicembre scorso), con la previsione delle singole pratiche, (ii) dell’attuazione a livello nazionale, e quindi della (ii) governance (art. 123) e, per finire, (iii) della posizione dell’agricoltore che vi aderisce volontariamente.
In tale contesto si colloca questa relazione che, muovendo dalle basi ispiratrici dei regolamenti della PAC che ben si rilevano dai considerando e dal processo di formazione che tali regolamenti hanno subito, che è stato indubbiamente molto articolato, e che ha coinvolto in particolare anche la norma relativa agli eco schemi, si propone di fornire un quadro della disciplina di riferimento, rilevando le differenze con le misure della condizionalità e dei piani di sviluppo rurale, e indicando le scelte effettuate dal nostro Paese attualmente in esame da parte della Commissione. Inoltre, ci si propone di delineare la posizione giuridica soggettiva dell’agricoltore che aderisce a tali sistemi a fronte del quadro disciplinare dettato dall’art. 31 del reg. (UE) 2021/2115, nonché dagli art. 59 ss. del reg. (UE) 2021/2116 in materia di sistemi di controllo e sanzioni.
Ancorché previsti su base volontaria, gli eco schemi rappresentano uno dei profili di maggior novità e rilievo della nuova PAC a cui – si crede – gli agricoltori saranno facilmente portati ad aderire ove si consideri il decremento subito dai pagamenti di base. In questa prospettiva, resta fondamentale comprendere le scelte che lo Stato italiano ha effettuato in modo da garantire la possibilità di accesso a tali schemi nei vari comparti produttivi e, ancora, la possibilità di attuare – in concreto – questi schemi in un territorio, quale è quello nazionale, tutt’altro che uniforme.
A margine del tema degli eco schemi, che rappresentano una delle componenti della nuova architettura verde della PAC per il periodo 2021-2027, resta da capire se gli obiettivi generali (art. 5) che, pur riferendo all’art. 39 TFUE, si propongono di migliorare lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura, degli alimenti e delle zone rurali contribuendo all’attuazione di Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli obiettivi specifici (art. 6), che concorrono a soddisfare gli obiettivi generali anzidetti, sono sempre attuali e tali da rappresentare la base dei piani strategici degli Stati membri per i prossimi anni, in un contesto, quale è quello attuale, segnato dal tema degli approvvigionamenti alimentari e delle materie prime che incidono sul sistema produttivo, sulla formazione dei prezzi dei prodotti agricoli, nonché sul riequilibrio del valore lungo la filiera agroalimentare e, per finire, sulla competitività delle nostre stesse filiere.
Giuseppina Pisciotta Tosini
Gli strumenti per le imprese: i servizi di consulenza e i sistemi assicurativi
Gli interventi per il comparto agricolo individuati dalla nuova PAC (secondo quanto previsto dall’art. 69 del reg. 2115 /2022) prevedono, tra gli altri, lo scambio di conoscenze e la diffusione dell’informazione (lett.h) e gli strumenti per la gestione del rischio (lett. f). Nell’ambito dei primi un ruolo centrale assumono i servizi di consulenza aziendale che, secondo quanto previsto dall’art.15 del reg. 2115/2021, dovranno assistere le aziende con riguardo quanto meno a tutti i requisiti, le condizioni e gli impegni in materia di gestione applicabili agli agricoltori e agli altri beneficiari stabiliti nel piano strategico della PAC, compresi i requisiti e le norme nell’ambito della condizionalità e le condizioni per gli interventi, nonché le informazioni sugli strumenti finanziari e sui piani aziendali istituiti a norma del piano strategico della PAC; le pratiche aziendali che prevengono lo sviluppo della resistenza antimicrobica; la prevenzione e la gestione del rischio; il sostegno all’innovazione, in particolare per la preparazione e l’attuazione di progetti di gruppi operativi del PEI; le tecnologie digitali nell’agricoltura e nelle zone rurali; la gestione sostenibile dei nutrienti; le condizioni di impiego, gli obblighi dei datori di lavoro, la salute e la sicurezza sul lavoro e il sostegno sociale nelle comunità di agricoltori”. L’assistenza tecnica alle imprese che, come previsto nel PSN inviato alla Commissione il 31 dicembre 2021, dovrà essere finalizzata a supportare l’attuazione, il monitoraggio, la valutazione, l’informazione, la comunicazione del Piano strategico nazionale della PAC, avrà come principale focus la corretta attuazione sinergica e il monitoraggio degli interventi del PSP ai livelli nazionale e regionale, compresi gli aspetti giuridici e dovrà operare in sinergia con le attività della Rete rurale nazionale per il raggiungimento degli obiettivi della PAC.
Tra le informazioni che l’assistenza tecnica sarà tenuta a fornire agli agricoltori quelle relative alla gestione del rischio appaiono di una importanza strategica come, d’altra parte riconosciuto dal legislatore europeo che, al considerando n. 29 del Regolamento 2115 del 2021, afferma “Nel contesto di un maggiore orientamento al mercato della PAC, come indicato nella comunicazione intitolata «Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura», l’esposizione sui mercati, i cambiamenti climatici e l’associata frequenza e gravità di eventi meteorologici estremi, come pure le crisi sanitarie e fitosanitarie, possono comportare rischi di volatilità dei prezzi e una crescente pressione sui redditi, segnatamente su quelli dei produttori agricoli primari. Pertanto, sebbene spetti agli agricoltori la responsabilità ultima di definire le proprie strategie aziendali e di migliorare la resilienza delle proprie aziende, è opportuno istituire un solido quadro al fine di assicurare un’adeguata gestione del rischio.” Tuttavia, nonostante le iniziative proposte dal regolamento e individuate oggi dal PSN inviato alla Commissione vadano ad ampliare quelle già prese nel quadro del Piano di gestione del rischio 2021 (varato il 29 dicembre 2020) occorre sottolineare come manchi ancora una considerazione dei rischi delle imprese agricole nell’ambito delle filiere in cui operano. Una tale previsione, invero, renderebbe sicuramente più efficace il quadro delle disposizioni varate a tutela della parte agricola nella filiera agroalimentare (cfr. direttiva (UE) 2019/633 come attuata dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n.198) contribuendo alla realizzazione di una filiera agroalimentare sostenibile.
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